Per Arthur Schopenhauer, la “voluntas” è la forza cieca e irrazionale che guida l’esistenza umana. Non è la ragione a determinare le nostre azioni, ma una spinta profonda, insaziabile, che si manifesta nel desiderio, nella volontà di vivere e di possedere.
Applicando questo concetto al web, si può vedere come la navigazione online sia spesso guidata da pulsioni inconsce, da bisogni non realmente razionali: scrollare senza fine, cliccare per curiosità, inseguire like e approvazione. Tutto questo sembra incarnare perfettamente la volontà cieca di cui parlava Schopenhauer.
Il web come espressione della noluntas
Schopenhauer propone anche un’altra via: la noluntas, ovvero la negazione della volontà, una forma di distacco, di ascesi, di rifiuto del desiderio. In questa prospettiva, il web rappresenta l’opposto della noluntas: è il regno della distrazione continua, della soddisfazione immediata, dell’impossibilità di sottrarsi alla volontà.
Chi riesce a disconnettersi, a usare il web in modo consapevole e limitato, potrebbe incarnare una forma moderna di noluntas, un tentativo di uscire dal ciclo eterno del desiderio digitale.
Schopenhauer e Internet: riflessioni finali
Rileggere Schopenhauer oggi significa riflettere criticamente sul nostro rapporto con la tecnologia:
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Il web amplifica la nostra voluntas, ma raramente ci guida verso la noluntas.
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L’uso compulsivo del digitale è sintomo di una volontà insoddisfatta.
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Coltivare consapevolezza e distacco potrebbe essere un atto filosofico rivoluzionario.
In un mondo dominato dagli algoritmi, tornare a pensare come Schopenhauer può offrirci una via di fuga dal caos della rete e rivelarci una libertà interiore dimenticata.